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Immagine del redattoreSaveria Toscano

LA DEPRESSIONE POST-PARTUM E LA DIFFICILE IDENTITA’ DI UNA MADRE


La gravidanza rappresenta un momento critico segnato da uno squilibrio psico-corporeo non sempre privo di conflittualità e timori.


Caratteristica di questo periodo è la tendenza della donna a rivivere esperienze passate, con l’evidente conseguenza di un accresciuto bisogno di sicurezza affettiva e di sostegno/accompagnamento da parte dell’ambiente circostante. Fra queste esperienze passate hanno particolare rilievo quelle che hanno segnato il percorso, a livello emozionale e mentale, del rapporto con la propria madre.


D’altra parte, in questo stato la donna è alla ricerca di fasi maturative più avanzate, più adulte, che le facciano conseguire un nuovo raggiungibile ed auspicabile status, quello materno, con il desiderio di riuscire a completare il proprio processo di sviluppo attraverso la concretizzazione di un progetto di vita.


Per questo motivo, la gravidanza esige, una preparazione anatomo-fisiologica di un «grembo spazio fisico accettante», ma anche la pianificazione ideale di un «grembo psichico» deputato, esclusivamente, all’accoglienza del bambino. Nel periodo gestazionale, la donna deve affrontare due «compiti adattivi»: il primo, cronologicamente rilevabile nei primi mesi di gravidanza, consiste nell’accettare l’embrione/feto quale parte integrante di sé sino a quando la percezione dei movimenti fetali non impone alla donna la realtà di un bambino «altro da sé».


A questo punto, la donna deve affrontare un secondo compito che fa di una creatura un figlio, la capacità di rendere presente e anticipare l’esistenza dell’altro dentro di sé. Da quanto detto, la maternità risulta essere allo stesso tempo un traguardo ma anche una perdita che riguarda la propria identità di figlia e di donna in generale.


Si tratta di una vera e propria crisi d’identità che impone cambiamenti non solo nel mondo esterno, ma anche e soprattutto nel mondo interno della donna: in questo senso il travaglio oltre che fisico è anche psicologico.

La gravidanza si configura come un momento di crisi, di confusione e di profonda trasformazione: la riorganizzazione degli spazi interni riflette un analogo processo di riassestamento del sentimento d’identità che, dopo una fase di confusione, può trovare un suo nuovo equilibrio.


La donna deve affrontare uno snodo significativo della sua crescita caratterizzato da tre diversi aspetti: una scelta, una separazione, una elaborazione dell’avvenimento così da comportare un nuovo livello di assestamento.

Il momento della separazione da qualche cosa (perdita) e quello della successiva elaborazione richiamano da vicino il concetto di lutto che sono parte integrante dell’elaborazione di ogni cambiamento.

Gli studi di diversi autori sul concetto di crisi permettono di considerare questo periodo come la chiave di volta, il punto di non ritorno verso quella che è stato definito “maternalità”, cioè “l’insieme dei processi psicoaffetttivi che si sviluppano e si integrano nella donna divenuta madre.

Il post-partum, in particolare, rappresenta il vero e proprio periodo critico nel passaggio dalla gravidanza alla maternalità.


Come abbiamo detto, la crisi della maternità implica un vasto processo di riorganizzazione della personalità e così come può condurre all’assunzione di una corretta funzione materna, può d’altra parte essere il momento in cui si verifica uno scompenso.


In quest’ultimo caso può subentrare una depressione post-partumche va distinta dal fisiologico vissuto di tristezza. Tale condizione psichica può manifestarsi dopo il partoconsiderando il periodo di adattamento alla nuova realtà che siviene a creare dopo la nascita di un figlio, ricco di emozioni, di felicità, ma anche di paura, di tensione fisica e psichica. In questo momento di complesse emozioni, la maternità rappresentauna vera e propria crisi sconvolgendo il precedente equilibrio della neo mamma e dell’intera famiglia. La mamma è sottoposta al difficile compito di poter accettare il proprio figlio come è nella realtà e non come lo aveva fantasticato durante la gravidanza.


Quando la madre, in seguito al parto, non riesce ad accettare la separazione fisica dal proprio bambino e dalleaspettative e fantasiesu di lui che hanno accompagnato la gravidanza, o ancora vive come altamente frustrante la difficoltà iniziale di accudimento e comprensione dei bisogni del figlio, che richiede necessariamente un periodo di adattamento reciproco, si può creare il terreno fertile per una depressione post-partum.


Tale disagio può manifestarsi anche a distanza di tempo dal parto con un ritiro considerevole dalle cure del proprio bambino ma anche dalla vita sociale, in generale; ci si può sentire incapace di accudire il bambino appena nato; avvertire un vissuto dimalinconia accompagnatoda crisi di pianto apparentemente immotivato; non accettare i cambiamenti inevitabili del proprio corpo sentendosi nonattraente sessualmente agli occhi del proprio partner;avvertire un considerevole livello di stanchezza fisica.


La nascita di un figlio scatena in entrambi i genitori, una forma depressiva in quanto vien a cadere l’equilibrio precedentemente raggiunto attraverso l’adozione di determinati modelli di vita.

Il bambino può diventare, per la psiche vulnerabile e molto sensibile della madre, ma anche del padre, un intruso capace di rompere l’equilibrio precario e fragile della coppia. Il piccolo, con la sua presenza fisica, viene vissuto come una minaccia o come distruttore di un’illusione.


I personaggi di questo dramma sono generalmente quattro: la madre, il bambino, il marito e la madre della puerpera (quest’ultima ha molta importanza nella maggior parte dei casi).


Nei casi di depressione puerperale in giovani madri, la madre oltre ad essere un referente dominante dalla quale si cerca unacostante approvazione, é anche la persona con la qualeci deve si identificare da un lato, per assumerne le caratteristiche ritenute positive e dall’altro, differenziarsi per poter assumere in maniera originale e irripetibile la propria identità di madre.


Questi vissuti complessi e a volte dolorosi, possono generare nella donna sensi di colpa per i mancati sentimenti di pienezza e felicità che nell’immaginario collettivo la neo mamma dovrebbe provare nei confronti del bambino. Il senso di colpa va ad acutizzare uno stato di profonda melanconia e di inadeguatezza che spinge la donna verso una chiusura emotiva e ad un accresciuto isolamento dalle figure di riferimento affettivo.


In questa fase delicata, la donna va aiutata a dar parola al suo disagio e a trovare un ascolto non giudicante che la sostenga nella difficile integrazione di nuove parti di sé, di un nuovo equilibrio di coppia e degli aspetti reali del bambino.


La donna che vive una depressione post-partum necessita, dunque, di un valido sostegno psicologico che l’aiuti a sintonizzarsi con i bisogni del proprio bambino creando, con lui, un’esperienzedi gratificazione reciprocae facilitando un progressivo adattamento alla nuova condizione di vita.

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